Raramente un territorio ha un legame così forte con un prodotto come quello che unisce l’alto Vastese alla ventricina.
Per prepararla, un tempo, si usavano i maiali neri o rossi, oggi si acquistano le razze bianche più comuni e diffuse sul territorio.
Macellata la bestia, si separano le parti più nobili (le cosce, il lombo e le spalle) che sono prima attentamente mondate, disossate e private delle parti più dure e fibrose (quelle aderenti alle ossa) e poi sezionate in piccoli pezzi di due o tre centimetri, che riposeranno per una notte.
Si condiscono con sale e polvere di peperone dolce in uguale misura e in alcuni casi con finocchietto selvatico e una spruzzata di pepe.
La polvere di peperone si ottiene facendo essiccare per un paio di giorni i peperoni, quelli rossi, piccoli e dolci provenienti dal paese di Altino. Quindi si scelgono quelli sani, si aprono, si puliscono e si pestano nel mortaio. Mediamente occorrono 12 quintali di peperoni freschi per ottenere un quintale di polvere.
Si insacca l’impasto nella vescica di suino, badando di pressarla bene per far fuoriuscire l’aria, e si ottiene una palla di uno o due chili che sarà posta nella rete, legata a mano con lo spago e poi appesa ad asciugare in una stanza con un camino acceso da almeno sette, otto giorni.
Dopo l’asciugatura la ventricina stagiona in un ambiente ventilato e fresco. A tre mesi si pulisce la superficie esterna dalle muffe e si ricopre con lo strutto, che protegge il salume da infiltrazioni di insetti e dagli sbalzi di temperatura.
La ventricina si consuma dopo sette, otto mesi.
Da un maiale si ricavano all’incirca tre ventricine abbastanza grandi; un tempo ogni famiglia le tagliava solo nei momenti importanti della vita rurale, quali la mietitura e la vendemmia.
Nel territorio di origine, tagliata a tocchettoni, è anche ingrediente del ragù, ma abitualmente si mangia cruda affettata grossolanamente con il coltello.
La pasta ha un colore rosso arancio, diffuso anche intorno ai pezzi di grasso, e un aroma fragrante derivante dalla lunga stagionatura e dalla caratteristica speziatura. A volte si avvertono note agrumate che derivano dall’abitudine di lavare le vesciche per l’insacco in acqua insaporita da arance o limoni. Il gusto finale è dominato dal piccante, che tuttavia non prevarica e non nasconde mai il sapore della carne e delle spezie.