Xe meio un bicèr de dalmato / che l’amor mio… Così incomincia una delle canzoni della tradizione istro-veneta, a dimostrazione della lunga e rinomata tradizione vitivinicola della Dalmazia meridionale, famosa sin dai tempi in cui l’Adriatico era crocevia di imperi e repubbliche marinare.
In questo dedalo di arcipelaghi sferzati dal vento, la penisola di Pelješac rappresenta da sempre il fiore all’occhiello della viticoltura dalmata: dai suoi pendii carsici a picco sul mare arrivavano i vini che l’imperatore Francesco Giuseppe serviva ai suoi ospiti.
Ancora oggi, con metodi che ricordano la viticoltura eroica, si coltiva una varietà autoctona chiamata Plavac Mali, nota per essere ricca di sapore e per l’elevato contenuto di alcol e tannini.
Ed è proprio con il Plavac Mali che a Pelješac, nei giorni della vendemmia, le famiglie preparano un particolare sciroppo d’uva concentrato, detto Varenik, le cui tracce si ritrovano nei documenti della Repubblica di Ragusa (dal nome della sua capitale dalmata) sin dal XVI secolo.
Dopo aver lasciato il mosto d’uva appena schiacciato a contatto con le bucce in un ambiente fresco, così da impedire l’inizio del naturale processo di fermentazione, il mosto è filtrato e cotto sino a ottenerne un liquido denso e altamente zuccherino, che può essere conservato per lunghi periodi, superiori all’anno. Con l’invecchiamento e la sedimentazione, il colore diventa da rosso sangue a una tonalità caramello scuro. Il gusto è molto forte e dolce, con un sapore fruttato e marsalato e note di miele.
In epoche in cui lo zucchero era un lusso per i più, lo si conservava per i bambini e per le puerpere, affinché recuperassero le forze dopo il parto. È ottimo anche come condimento per le insalate e le carni, tanto che è considerato un ingrediente indispensabile nella preparazione di un piatto tradizionale locale chiamato paštičada (una sorta di stufato di manzo) e nella preparazione di dolci tipici, come il mantala.